Oggi Pavel ha parlato alla Gazzetta dello Sport.
Dichiarazioni importanti a 360 gradi sulla sua nuova vita da dirigente e del suo addio al calcio giocato: “Se quel 31 maggio 2009 fu un inizio o una fine ? Un inizio. Quel giorno è cominciata la seconda fase della mia vita: io ero felice, mi godevo quei momenti e la gente intorno a me piangeva. Fu un pomeriggio strano e magico. Quando e perché ho deciso di smettere? Nel 2006 giurai che avrei riportato la Juve in alto. Dopo la promozione e il terzo posto, la mia testa cominciava a non reggere più i ritiri. Nel 2009 arrivammo secondi. Per scalare l’ultimo gradino, un gradino molto alto, io a 37 anni non potevo più essere d’aiuto. Serviva altro. E la Juve aveva un progetto di cui non facevo parte. (…)Se è più difficile fare il giocatore o il dirigente? Il dirigente. E’ bello dividersi tra la sede e il campo, ma mi manca l’ambiente dello spogliatoio…Un giocatore deve vivere come un combattente: mangiare, correre, dormire. Il dirigente ha più pensieri. Qual’è il mio compito? Stare vicino alla squadra, andare al campo, dialogare con Delneri, Marotta, Paratici, Pessotto, aiutare chi ha bisogno”.
Pavel si sofferma anche sulla possibilità di continuare con altre maglie e della sua scelta di cuore.
“Il mio procuratore Raiola provò a farmi continuare: c’erano offerte dall’estero e dall’Italia, ma io non mi vedevo con altre maglie. La chiamata di Mourinho? Quando sentii la sua voce rimasi molto sorpreso. Prima mi fece i complimenti e poi mi disse: ‘Pavel, ho bisogno di te per vincere la Champions’. Ma io rifiutai subito: il cuore non mi avrebbe mai permesso di giocare con l’Inter”.
Qualche parola anche da vero dirigente e sul futuro: “Se parlerò con Buffon? Ci siamo già visti e ci rivedremo presto. Io capisco la sua sofferenza: quando resti fuori per un infortunio serio, stai male. Non venendo a Vinovo, magari Gigi soffre un po’ di meno.
Non poteva mancare la frase su il suo “erede” che ha mostrato qualcosa ma deve ancora mostrare molto: “Com’è Krasic? Molto forte. Abbiamo qualcosa in comune: il modo di correre e di puntare la porta, la ricerca della concretezza. Crossa benissimo, ora deve farci scoprire il tiro da lontano”.
E infine il capitano simbolo della Juventus: “Del Piero? E’ Highlander: sempre in prima fila. Un esempio. E mi aspetto che continui a giocare. Ale ha la testa giusta per andare avanti alla grande”.
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